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L’albero dei soldi USA: la storia mai raccontata degli aiuti americani ad Israele

3:37 - January 01, 2021
Notizie ID: 3485815
Iqna - Mentre la disoccupazione, e di conseguenza la povertà, stanno aumentando vertiginosamente a causa dei lockdown che si sono susseguiti, gli USA hanno ritenuto di fondamentale importanza fornire Israele con 3,3 miliardi di dollari per ‘interventi nella sicurezza” e 500 milioni per la cooperazione di difesa missilistica USA-Israele

 Il 21 dicembre scorso il Congresso degli Stati Uniti ha approvato il Pacchetto di Aiuti per il COVID-19, che fa parte di un disegno di legge più ampio per un valore di 2,3 trilioni di dollari destinati a coprire l’intera spesa dell’anno fiscale. Come al solito, i rappresentanti USA hanno destinato una somma di denaro esorbitante ad Israele.

Mentre la disoccupazione, e di conseguenza la povertà, stanno aumentando vertiginosamente a causa dei lockdown che si sono susseguiti, gli USA hanno ritenuto di fondamentale importanza fornire Israele con 3,3 miliardi di dollari per ‘interventi nella sicurezza” e 500 milioni per la cooperazione di difesa missilistica USA-Israele.

Nonostante per molti mesi l’argomento principale di un intenso dibattito sia stato il misero pagamento di appena 600 dollari per aiutare le famiglie americane in difficoltà, tra i politici americani vi è stato invece pochissimo confronto sugli ingenti fondi elargiti ad Israele, per i quali non vi è nessun ritorno economico.

Il sostegno ad Israele viene considerato una priorità bipartisan ed è stato percepito, per decenni, come il fattore stabilizzante nell’agenda della politica estera statunitense. Il semplice fatto di interrogarsi su come Israele utilizza i fondi – se gli aiuti militari vengono usati attivamente per sostenere l’occupazione illegale israeliana della Palestina, per finanziare gli insediamenti ebraici, finanziare l’annessione della terra palestinese o violare i diritti umani dei Palestinesi – é ancora un importante tabù.

Uno dei pochi membri del Congresso a chiedere che gli aiuti ad Israele siano condizionati al rispetto di quest’ultimo dei diritti umani, è il senatore democratico Bernie Sanders, del Vermont, che è stato anche uno dei principali candidati presidenziali per il Partito Democratico. “Non possiamo dare carta bianca al governo israeliano… Abbiamo il diritto di chiedere il rispetto dei diritti umani e della democrazia”, ha detto Sanders ad ottobre 2019.

Il suo rivale dei democratici, il neo-eletto presidente Joe Biden, ha subito ribattuto: “L’idea che io possa ritirare gli aiuti militari da Israele, come altri hanno suggerito, è alquanto bizzarra”, ha detto.

Non è un segreto che Israele sia il principale destinatario al mondo di aiuti statunitensi, dalla seconda guerra mondiale ad oggi. Secondo i dati forniti dal Servizio di Ricerca del Congresso degli USA, Israele ha ricevuto 146 miliardi di dollari, prelevati dai contribuenti americani, fino a novembre 2020.

Dal 1971 al 2007, la maggior parte di questi fondi si è rivelata determinante nell’aiutare Israele a stabilire una solida base economica. Da allora, la maggior parte del denaro è stato destinato a scopi militari, inclusa la sicurezza delle colonie ebraiche illegali di Israele.

Nonostante la crisi finanziaria statunitense del 2008, il denaro americano ha sempre continuato ad essere incanalato verso Israele, la cui economia ha sopravvissuto alla recessione globale, rimanendo in gran parte illeso.

Nel 2016 gli Stati Uniti hanno promesso ancor più denaro. L’amministrazione del democratico Barack Obama, che viene spesso – erroneamente – visto come ostile ad Israele, ha aumentato il finanziamento USA ad Israele di un margine significativo. In un protocollo d’intesa della durata di 10 anni, Washington e Tel Aviv hanno raggiunto un accordo in base al quale gli Stati Uniti hanno accettato di dare ad Israele 38 miliardi di dollari in aiuti militari durante gli esercizi finanziari 2019-2028. Si tratta di un enorme incremento di 8 miliardi di dollari rispetto al precedente accordo decennale, conclusosi alla fine del 2018.

I nuovi finanziamenti americani si suddividono in due categorie: 33 miliardi di dollari in sovvenzioni militari estere e altri 5 miliardi per la difesa missilistica.

La generosità americana è stata per lungo tempo attribuita all’influenza senza eguali delle lobby filo-israeliane, coordinate tra loro dal Comitato per gli Affari Pubblici Israeliani Americani (AIPAC). Negli ultimi quattro anni, tuttavia, non vi è stato bisogno di molte pressioni da parte di queste lobby poiché potenti personaggi, all’interno dell’amministrazione stessa, sono divenuti i principali sostenitori di Israele.

A parte gli infiniti, a quanto pare, “omaggi politici” che l’amministrazione Donald Trump ha già fornito ad Israele negli ultimi anni, egli sta ora valutando altri metodi per accelerare il calendario della consegna del resto dei fondi statunitensi, come stabilito dall’ultimo MOU (protocollo d’intesa, ndr), ammontanti attualmente a circa 26,4 miliardi di dollari. Secondo documenti congressuali ufficiali, gli USA “potrebbero approvare anche ulteriori vendite degli F-35 ed accelerare la consegna degli aerei da trasporto e rifornimento  KC-46A ad Israele”.

Questi non sono tutti i finanziamenti e benefici che Israele riceve. Molti altri non sono resi pubblici, in quanto vengono incanalati indirettamente o semplicemente promossi utilizzando il nome flessibile di ‘cooperazione’.

Ad esempio, tra il 1973 e il 1991, una consistente somma di 460 milioni di dollari di fondi USA sono stati destinati al reinsediamento degli ebrei in Israele. Molti di questi nuovi immigrati costituiscono ora i militanti israeliani che occupano gli insediamenti illegali della Cisgiordania. In questo caso particolare, il denaro è stato pagato ad un ente di beneficenza privato conosciuto col nome di United Israel Appeal che, a sua volta, trasferisce i soldi all’Agenzia Ebraica. Quest’ultima ha avuto un ruolo centrale nella fondazione di Israele sopra le rovine delle città e dei villaggi palestinesi nel 1948.

Con il pretesto delle donazioni per beneficenza, decine di milioni di dollari vengono inviati regolarmente ad Israele sotto forma di “doni deducibili dalle tasse per gli insediamenti ebraici in Cisgiordania e a Gerusalemme Est”, come ha riferito il New York Times. La maggior parte del denaro, pretestuosamente promosso come donazioni per scopi educativi e religiosi, spesso trova la strada per finanziare e acquistare alloggi illegali per i coloni, “oltre a cani da guardia, giubbotti antiproiettile, cannocchiali da puntamento e veicoli per proteggere gli avamposti (ebrei illegali) all’interno delle zone (palestinesi) occupate”.

Molto spesso, il denaro USA finisce nelle casse del governo israeliano con pretesti ingannevoli. Ad esempio, l’ultimo Stimulus Package comprende 50 milioni di dollari per finanziare il Nita M. Lovey Middle East Partnership for Peace Funds, presumibilmente per fornire investimenti in “scambi interpersonali e cooperazione economica… tra Israeliani e Palestinesi con l’obiettivo di sostenere una soluzione negoziata e sostenibile ai due stati”.

In realtà, questo denaro non ha assolutamente nessun obiettivo, poiché Washington e Tel Aviv si sforzano in ogni modo di porre fine ad un accordo di pace negoziato e lavorano mano nella mano per uccidere l’ormai defunta soluzione dei due Stati.

E l’elenco potrebbe continuare all’infinito, in quanto la maggior parte di questi soldi non viene inclusa nei pacchetti di aiuti ufficiali degli Stati Uniti ad Israele, ricevendo quindi poco controllo, per non parlare della assoluta mancanza di copertura mediatica.

A febbraio del 2019 gli Stati Uniti hanno trattenuto tutti i fondi destinati all’Autorità Palestinese in Cisgiordania, oltre a tagliare gli aiuti all’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati Palestinesi (UNRWA), l’ultima ancora di salvezza rimasta per riuscire a fornire istruzione di base e servizi sanitari a milioni di persone, ai profughi palestinesi.

A giudicare dalla sua lunga tradizione di sostegno incessante alla macchina militare israeliana e dall’espansione coloniale in corso in Cisgiordania, Washington insiste nel voler servire, come principale benefattore, Israele – se non partner diretto – evitando del tutto i Palestinesi. Aspettarsi che gli Stati Uniti svolgano un ruolo costruttivo nel raggiungimento di una pace giusta in Palestina non costituisce soltanto un’ingenuità indifendibile, ma anche una deliberata ignoranza.

 

 

 

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